Raffaella
«Se mi fossi attenuta a quello che diceva la gente o ai pregiudizi della società, non avrei mai giocato a calcio»
La mia storia inizia con un pallone da calcio e un sogno che giorno dopo giorno è diventato realtà.
I miei esordi
Mia madre racconta sempre che a due anni ho preso per la prima volta un pallone da calcio in mano e da allora non me ne sono più separata. Fino ai cinque anni ho giocato da sola, poi ho chiesto ai miei genitori se potessi unirmi alla piccola squadra del mio paese, Santa Maria dell’Arzilla, una frazione di Pesaro. All’Arzilla Calcio si sono mostrati subito favorevoli e con le mie scarpette nuove mi sono presentata al campo in cui poi avrei passato tutta la mia infanzia. Così è iniziato il mio percorso calcistico.
All’Arzilla Calcio sono rimasta fino ai tredici anni, perché da quell’età in poi il regolamento dell’epoca non permetteva alle ragazze di giocare con i maschi. Non potevo nemmeno far parte di una squadra femminile, poiché per le ragazze non c’era il settore giovanile: a quattordici anni si entrava subito in prima squadra.
I primi ostacoli
Per un anno mi sono allenata per divertimento con una squadra di Fano. Non è stato facile, né per me né per i miei genitori, che non potevano darmi risposte. Io vedevo i miei amici maschi che venivano chiamati da altre squadre, mentre io non potevo giocare le partite.
È stato il primo vero ostacolo che ho incontrato e se sono riuscita a superarlo è stato anche grazie all’Arzilla Calcio, ai miei genitori e ai genitori dei miei amici. Sono stati loro a destrutturare i pregiudizi sociali su una bambina che giocava a calcio con i maschietti. Per i miei compagni non c’erano mai stati problemi: ero “la Raffi”, una giocatrice come loro. Mi passavano i palloni perché ero brava, non hanno mai fatto battute sul fatto che fossi una femmina, quindi in teoria più scarsa. Quelle arrivavano dagli adulti o dagli avversari, ma sempre sulla base di concetti inculcati dai genitori.
La svolta
A quattordici anni mi sono tesserata con il Senigallia, dove ho giocato per cinque anni. C’erano due squadre, la prima in Serie B e la seconda in Serie C. Poi con la prima squadra siamo salite in A2 e in A. Nel frattempo sono arrivati anche i raduni con la Nazionale italiana. La mia prima trasferta in maglia azzurra è stata in Canada con l’Under 19, che al tempo era l’unica squadra giovanile. Siamo state accolte con entusiasmo, gli stadi erano pieni di bambine che giocavano nei college utilizzando addirittura i parastinchi. Un altro mondo rispetto all’Italia.
Quell’esperienza con la Nazionale mi ha dato una grande motivazione durante tutto il mio lungo percorso con la maglia azzurra, che ho indossato a Europei, Mondiali e altre manifestazioni. Diventare Capitana è stata la ciliegina sulla torta.
Avrei avuto la possibilità di lasciare Senigallia anche prima dei diciannove anni, ma all’epoca il calcio femminile non era professionistico e le squadre non offrivano la possibilità di stare in convitto. Così, insieme ai miei genitori ho deciso di concludere gli studi, per poi andare dove avrei voluto. E così nel 2005 sono partita per Torino, la prima tappa di una lunga carriera in Serie A, con una parentesi anche nel Bayern Monaco e diversi infortuni da risolvere.
La maturità dentro e fuori dal campo
L’esperienza in Germania dal 2013 al 2016 mi ha realizzata come donna. Il mio obiettivo era diventare una professionista e lì lo ero. In Italia solo in Nazionale si riusciva a vivere un contesto così professionistico, per il resto era tutto all’arrembaggio. Al Bayern è stato un addestramento sul piano mentale e fisico e ho accumulato un bagaglio esperienziale che in Italia non avrei mai avuto: ho visto tanti anni prima quello che poi sarebbe successo anche qui. Lì le calciatrici erano considerate professioniste e donne a 360 gradi. Ricordo di essere rimasta stupita quando ho visto le ragazze truccarsi prima di entrare in campo. In Italia venivamo prese in giro se lo facevamo.
Sempre là, nei paesi era normale vedere una bambina giocare con i maschi, invece di far percorrere a lei e ai genitori chilometri e chilometri per raggiungere la città più vicina con una squadra femminile. Ecco che la struttura maschile diventa molto importante, anche a supporto di quella femminile.
La mia vita oggi
Ho smesso di giocare a calcio nel 2020 e sono tornata a Santa Maria dell’Arzilla, a Pesaro, dove ho preso in mano il progetto della Raffa Manieri Academy e delle Pink Arzilla. Me ne sono occupata in prima persona con Francesco Marcucci e il resto dello staff. Con pazienza e dedizione abbiamo dato vita ai progetti così come sono oggi. Ne vado molto fiera.
Adesso la Raffa Manieri Academy e le Pink Arzilla camminano per lo più da soli, grazie ai protocolli che abbiamo fissato e a un team affiatato e appassionato. Io ho intrapreso un percorso nella FIGC, ottenendo le seguenti licenze: osservatore calcistico professionista, Uefa B, Uefa A, Direttore Sportivo.
“Il mixed team: di necessità virtù” è il titolo della tesi con cui mi sono diplomata a Coverciano al corso per Direttore Sportivo, un lavoro che è stato scelto dalla commissione d’esame come miglior tesi del corso e che mi è valsa la borsa di studio messa in palio dal Settore Tecnico. Davvero una bella soddisfazione.
Adesso giro l’Italia come docente della FIGC, un ruolo in cui riporto ogni giorno tutto quello che ho imparato nel corso della mia carriera, sia sul piano umano sia su quello tecnico.
Curiosità su di me
Una delle mie più grandi passioni è la musica. Me l’ha trasmessa mia madre e mi ha sempre accompagnata, soprattutto prima delle partite. In Italia ci imponevano di prepararci ai match con un clima quasi da funerale, dicevano che così ci concentravamo meglio. Io non l’ho mai sopportato. La musica mi dava la carica, mi aiutava a entrare in connessione con la partita. In Germania mi sono potuta esprimere di più: ero la DJ del gruppo!
Alla musica si collega il ballo, in particolare quello latino-americano. Sia la musica sia la danza sono legati allo sport, alle ragazze lo dico sempre: insegnano coordinazione, ritmo, armonia.
Sono una ragazza allegra, solare, sempre con il sorriso. Mi piace socializzare, fare gruppo, scherzare. Grazie al mio carattere sono riuscita a smorzare i tanti momenti di serietà che facevano parte del mio lavoro.
Non sono una persona che si ferma all’apparenza o a ciò che mi viene detto. Vado oltre, scendo in profondità, mi faccio domande, cerco di capire cosa c’è dietro. Se mi fossi attenuta a quello che diceva la gente o ai pregiudizi della società, non avrei mai giocato a calcio.
Identikit
Data di nascita: 21 novembre 1986
Luogo di nascita: Pesaro
Segno zodiacale: Scorpione
Formazione: Perito agrario
Ruolo in campo: Difensore
Numero: 21
Professione attuale: Docente FIGC
Segni particolari: Sorriso
Hobby: ascoltare la musica, ballare
Calciatori preferiti: Zidane, Del Piero, Pirlo
Valori: famiglia, amicizia, amore, rispetto
Tre concetti che mi descrivono: determinazione, audacia, andare sempre oltre
Carriera
CLUB
1991- 1998 Arzilla Pesaro
1999-2005 Vigor Senigallia
2005-2007 Torino
2007-2008 Bardolino Verona
2008-2013 Torres
2013-2016 Bayern München
2016-2017 Brescia
2017-2018 Ravenna Woman
2018-2019 AC Milan
2019-2020 AC Milan
NAZIONALE
2003 Esordio in Nazionale minore
2007 Esordio in Nazionale maggiore
Palmarès
NAZIONALE
65 presenze e 10 gol in maglia azzurra
7 SCUDETTI
1 con il Bardolino Verona (2007/2008)
4 con la Torres (2009/2010, 2010/2011, 2011/2012, 2012/2013)
2 con il FC Bayern Munchen (2014/2015, 2015/2016)
1 COPPA ITALIA
Con la Torres (2010/2011)
6 SUPERCOPPA ITALIA
1 con il Bardolino Verona (2007)
4 con la Torres (2009, 2010, 2011, 2012)
1 con il Brescia (2016)